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Le PAROLE sono IMPORTANTI

Cuori Ribelli,

in questi anni di vita social, con il desiderio di condividere con altri le mie opere, me ne sono sentito dire un po’ di tutti i colori.

Confesso che è estremamente difficile che quello che dice uno sconosciuto possa urtarmi o ferirmi, in generale posso dire di essere consapevole di me e di chi sono nella giusta misura per fare in modo che certe parole, perlopiù buttate a vanvera, mi scivolino addosso, ma c’è stata un’occasione nella quale ho accusato il colpo.


È avvenuto quando alcune autrici hanno iniziato a mandare in giro storie in merito alla mia presunta misoginia (sentimento d’odio verso le donne, per chi non lo sapesse). In quell’occasione accusai il colpo, perché temevo che leggere certe parole ferisse, per amor del paradosso, proprio le donne della mia vita.


Non ho mai provato interesse nel dimostrare a qualcuno il contrario, tanto ognuno continuerà a pensare quello che vuole, ma mi fa arrabbiare con quanta leggerezza alcune persone (adulte e madri per giunta) siano capaci di sputare sentenze a livello personale su persone che non hanno mai incontrato e con le quali non hanno mai avuto alcun tipo di confronto.

Quello che queste autrici e madri hanno dimenticato è la prima lezione che dovrebbero impartire ai loro figli, soprattutto quando questi approcceranno i social: quando diciamo qualcosa di qualcuno, ricordiamoci sempre che quel qualcuno, per altri, è figlio, nipote, compagno, fratello, migliore amico, zio e magari padre. Prima di esprimere giudizi personali come fossimo ancora al liceo, dovremmo accendere la testolina e pesare quanto stiamo per mettere per iscritto e sotto gli occhi di tutti.


Quella leggerezza mi ha colpito e urtato, perché si tratta di una leggerezza sociale molto grave che denota la totale assenza di responsabilità civica e l’incapacità di poter educare altri esseri umani.


Potrei scrivere per ore sui miei rapporti con l’altro sesso e raccontarvi del modo in cui vedevo le mie nonne, che per me erano regine alle quali non potevo trasgredire. La loro parola era legge, erano le padrone di casa e come tali andavano trattate. Potrei raccontarvi di come, ancora oggi, io chieda consiglio a mia madre su molti aspetti della mia vita, sia privata che quotidiana, perché sa sempre come guidarmi nella maniera più rispettosa per tutti. Potrei confessarvi che considero mia sorella una parte di me, come se non fossimo davvero due individui distinti. Potrei parlavi delle mie amiche o delle artiste che ammiro. Potrei confidarvi che sono tra i pochi uomini che sui mezzi pubblici ancora si alzano per fare accomodare una signora, ma la verità è che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, quindi molti non capirebbero comunque, perché non vogliono farlo.


La mia verità è quella che vi ho già raccontato più volte: non solo credo, ma sono assolutamente certo che uomini e donne sono a tal punto diversi che inevitabilmente gli uni sono più portati per alcune cose, mentre le donne lo sono per altre. Questo fa sì che in alcuni ambiti io preferisca gli uomini, mentre in altri la mia preferenza vira verso le donne. Per esempio, se devo scegliere una competizione sportiva, preferisco quella disputata da uomini, ma se si tratta di danza allora mi incuriosiscono più le donne e la loro grazia.


Quando scelgo di leggere una storia d’amore tra uomini, preferisco leggerla se raccontata da un punto di vista maschile nel quale ritrovarmi. Questo fa di me un misogino? Giudicate voi.


Alle autrici, però, prima di concludere, vorrei dare un consiglio: prima di usare qualsivoglia parola, andate a cercarne il significato. Fatelo per voi stesse, ma anche come atto di responsabilità verso chi vi legge. In quanto autrici avete anche il compito di insegnare a parlare in una forma corretta ed è difficile che voi possiate farlo, se per prime utilizzate termini dei quali ignorate il significato.

Basta poco per incappare in un fraintendimento.



Hasta la vista,


Emiliano

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